E’ all’olio d’oliva e si chiama “The Oliveto”

Dal capo barman del miglior bar al mondo nel 2016 una proposta molto creativa che vede l’olio extra vergine di oliva come protagonista. “Ho creato The Oliveto nel periodo in cui stavo giocando con il fat-washing” spiega, in esclusiva per Teatro Naturale, Phillip ‘Pip’ Hanson, svelandoci anche la ricetta

Questa è la ricetta di The Oliveto
• 6 cl (abbondanti) Martin Miller’s Westbourne gin (oppure Gordon’s gin)
• 1 cl Licor 43
• 3 cl succo di limone fresco
• 1 cl sciroppo di zucchero
• 1,5 cl olio extra vergine d’oliva
• 1 albume
• ‘dash’ (un pizzico, in gergo) di soluzione salina

Combinare gli ingredienti nello shaker e agitarli senza ghiaccio. Aggiungere il ghiaccio e agitare nuovamente per circa 2 minuti. Filtrare in un bicchiere del tipo ‘old fashioned’ precedentemente riempito con ghiaccio.

Ho innanzitutto chiesto a Pip del perché abbia pensato di utilizzare l’olio extra vergine di oliva come ingrediente per uno dei suoi cocktail. “Ho creato ‘The Oliveto’ nel periodo in cui stavo giocando con il ‘fat-washing’”, racconta. Mi spiega che si tratta di una tecnica di aromatizzazione dell’alcool per mezzo di ingredienti ad alto contenuto di grassi, come il burro o addirittura il bacon. Dopo aver sciolto il grasso nell’alcool, mescolato e raffreddato per un certo periodo di tempo, viene rimossa la parte grassa che lascia sapore allo spirito.
“In questo senso ho pensato di utilizzare l’olio extra vergine di oliva con il gin, in quanto avevo a disposizione un prodotto di alta qualità il cui sapore non risultava troppo preponderante e sembrava unirsi bene al distillato. Quindi ho realizzato che se avessi usato un bianco d’uovo nel cocktail non avrei neanche avuto bisogno di fare ‘fat-washing’ con il gin. Avrei potuto mettere l’olio direttamente nel cocktail e l’albume lo avrebbe emulsionato!” Ha provato e si è reso conto che il cocktail riusciva alla perfezione.

Riguardo l’origine dell’evocativo nome italiano, scopro che ‘The Oliveto’ in effetti deriva da qualcosa di nostrano. “Lo chef che lavorava con me aveva appena concluso il suo lavoro nelle cucine dell’Oliveto di Oakland in California, mi racconta. È stato un omaggio a lui e una scelta quasi naturale visto il significato.”